Età medievale

Con l’arrivo dei Longobardi il territorio di Castelfranco è soggetto a profonde trasformazioni, dovute in larga parte alla guerra tra questi ultimi ed i Bizantini per il controllo delle principali vie di traffico e delle aree di interesse strategico. Tale circostanza, unita ai fenomeni alluvionali che, in mancanza di manutenzione alla rete idrica portano all’impaludamento di alcune aree, segna un importante calo della popolazione.

L’eredità romana però non va completamente perduta: infatti lungo la via Emilia, nonchè sulle strade minori che dipendono da essa, assistiamo alla formazione di nuovi centri abitati, quali castra, pievi ed abbazie, che gradualmente sviluppano proprie strutture amministrative. Dopo l’anno Mille le comunità locali ristrutturano ed accentrano gli insediamenti fino a fondare nuovi castra e borghi lungo le vie principali: tra questi, nel 1227 il comune di Bologna decide di fondare Borgo Franco (luogo fornito di esenzioni fiscali) come fortificazione di confine per controllare il transito da e verso la città nemica, nell’ambito della guerra contro Modena, e per controllare ed estendere il suo potere economico, gestionale ed amministrativo. Il borgo viene quindi dotato di due rocche con torri e mura, che vengono più volte ammodernate fino al 1628, anno in cui vengono demolite per edificare il Forte Urbano.

Medioevo – Scavi piazza Aldo Moro

In questa vetrina sono esposti i reperti, in particolare i coltelli, giavellotti e pugnali, oltre a frecce e finimenti equini, ritrovati durante gli scavi di piazza Aldo Moro e risalenti al XIII secolo, epoca in cui il Comune di Bologna decise di fondare un avamposto fortificato lungo la via Emilia per controllare i traffici in arrivo ed in partenza verso la città rivale di Modena. Il rinvenimento di armi ci testimonia quindi la presenza di una guarnigione militare all’interno di quello che diverrà un vero e proprio borgo fortificato dotato di torri e di due rocche. Queste armi infatti corrispondono perfettamente a quelle usate dalle genti d’arme italiane durante il XIII secolo. Si tratta di armi in ferro, tra le quali possiamo riconoscere una lama d’ascia in primo piano e subito dietro di lei una punta di giavellotto. Le impugnature in legno sulle quali erano montate non si sono conservate. La punta non è di tipologia comune, ha infatti l’immanicatura a cannone e la lama a sezione lenticolare. Questo tipo di arma era probabilmente usata dai fanti e non dai cavalieri, lo sappiamo da numerose raffigurazioni coeve, che mostrano truppe appiedate armate di lunghe picche. Dietro, posizionate in verticale, sono disposte altre armi da taglio, tra cui dei pugnali; di particolare interesse è il reperto all’estrema destra. Si tratta di un pugnale proto-baselardo con impugnatura a “T” e ad un unico filo; dunque, tagliente solo da un lato della lama; la sezione triangolare della stessa e la notevole lunghezza dell’arma farebbero pensare che questo pugnale avesse una funzione principalmente offensiva e non difensiva.

È interessante notare che quest’arma presenta ancora dei rivetti in bronzo per il fissaggio dell’impugnatura, che non si è conservata probabilmente perché realizzata in legno. Rivetti simili sono visibili anche sul terzo coltello da destra, mentre il secondo verosimilmente li aveva, ma è probabile che siano scomparsi perché consunti dal terreno in cui giaceva l’arma. I due frammenti di ceramica in primo piano sono i resti di un catino, a sinistra, e di una pentola, al centro della vetrina, entrambi realizzati in ceramica grezza da fuoco.

Cinquecento (XVI secolo d.C.) – Stemma papale

In questa sala è esposto lo stemma in pietra arenaria rinvenuto nel 2020, durante gli scavi di Hera,  all’incrocio tra corso Martiri e via Garagnani. L’insegna, probabilmente collocata su una torre-porta (forse porta Modena) raffigura uno stemma pontificio costituito da due chiavi incrociate e congiunte da un cordone terminante in un fiocco; la superficie della lastra presenta ancora tracce di pigmento pittorico di colore rosso.

Il modello delle chiavi rappresentate sembra collocarsi nel primo Cinquecento (forse 1509), quando Castelfranco fu annesso, insieme alla città di Bologna, allo Stato Pontificio. A Castelfranco, nel 1477 circa, venne demolita la Rocha parva che difendeva il suo accesso in direzione di Modena e cominciarono i lavori di costruzione di una nuova struttura difensiva (rocchetta) che potesse adattarsi alle nuove tecniche di assedio che prevedevano l’utilizzo di armi da fuoco, tra cui i primi cannoni. Queste nuove tecnologie, infatti, rendevano necessaria la costruzione di una struttura con la pianta a punta di freccia con al centro una torre porta cilindrica ed ai lati due torri tonde, in grado di resistere ai colpi di questi primi cannoni, come le bombarde. Imprese araldiche e stemmi erano solitamente posizionati agli ingressi dei luoghi fortificati per simboleggiarne l’appartenenza ed in questo caso anche l’accesso allo Stato della Chiesa.

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